Muoversi 3 2023
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DECARBONIZZARE I TRASPORTI: PERCHE’ BLOCCARE LO SVILUPPO DEI LOW CARBON FUELS?

DECARBONIZZARE I TRASPORTI: PERCHE’ BLOCCARE LO SVILUPPO DEI LOW CARBON FUELS?

resoconto della prima tavola rotonda dell’assemblea unem

La prima tavola rotonda “Decarbonizzare i trasporti: perché bloccare lo sviluppo dei low carbon fuels?” ha visto la partecipazione di Paolo Arrigoni (Presidente GSE), Paola De Micheli (Vicepresidente X Commissione Camera, PD), Enrique Enrich (Presidente e AD di Scania Italia), Nicola Procaccini (Eurodeputato, Copresidente Gruppo Conservatori e Riformisti europei), Aurelio Regina (Presidente Gruppo Tecnico Energia Confindustria). Ne proponiamo una sinstesi.

Aurelio Regina

Presidente Gruppo Tecnico Energia Confindustria

Sulla decarbonizzazione l’Europa ha scelto di privilegiare un approccio ideologico, basato su prescrizioni molto rigide, e di preferire gli slogan piuttosto che rendersi conto che i sistemi industriali e i mix di produzione sono molto diversi tra Paese e Paese. E lo ha fatto supportata anche da Paesi che i soldi li fanno vendendo il gas agli altri e poi in casa loro fanno gli ambientalisti. Ciò non ha permesso di dare vita ad una regolamentazione basata sulla neutralità tecnologica, cioè su un’analisi costi-benefici delle tecnologie esistenti, del loro grado di maturità, delle evoluzioni che intercorrono nei sistemi produttivi e industriali. Il risultato è stato un mondo basato interamente sull’elettrificazione dei consumi. Noi oggi consumiamo circa 320 TWh di energia elettrica all’anno e se elettrificassimo tutti i consumi dovremmo raddoppiarli nonostante non riusciamo neanche a fare 2 GW di rinnovabili all’anno. Come pensiamo non solo di sostituire i vecchi consumi, e aiutare quelli nuovi? Quella che è mancata rispetto, ad esempio, a quello che hanno fatto gli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act, è stata proprio una politica industriale connessa. Oggi siamo davanti ad un importante cambiamento di rotta. Bisogna però passare dalla teoria, che è sempre molto importante, alla pratica, che per noi imprenditori è  ancora più importante. Noi dobbiamo poter assicurare che il sistema industriale, cioè quello che ci dà maggiormente benessere e che ha creato una nazione ricca ed importante, sia tutelato. Se nella teoria l’industria diventa centrale, poi nella pratica non bisogna dimenticarsi di sostenerla, per esempio, sui prezzi dell’energia. Oggi questi prezzi sono molto diminuiti rispetto all’anno scorso, ma sono ancora più del doppio rispetto al 2019. Nell’ultimo “Decreto bollette”, approvato a fine giugno, il Governo ha però dimenticato di rinnovare i crediti d’imposta per i consumi di energia alle imprese, lo ha fatto solo per le famiglie, e in un giorno i prezzi dell’energia per il sistema industriale italiano, nel silenzio generale, sono aumentati del 35%. Quando si passa dalla teoria ai fatti bisogna essere coerenti. Dovremo imparare a dire no quando serve e a sostenere l’industria italiana come sui biocarburanti considerato che il lavoro fatto dal sistema industriale italiano è stato talmente importante e di esempio per il resto d’Europa che non sostenerli fino alla fine sarebbe un delitto.

Paolo Arrigoni

Presidente GSE

Occorre anzitutto riaffermare il ruolo che i low carbon fuel hanno dimostrato di avere in questi anni. Nel 2021 la componente da fonti rinnovabili sui consumi finali del settore del trasporto ha raggiunto il 10%, un più 0,1% rispetto al target intermedio. Quindi si è fatto già tanto e, nel fare tanto, mi piace sottolineare come per esempio il GSE dal 2018 abbia sostenuto, attraverso incentivi, impianti per la produzione di biometano. Ci siamo attivati anche attraverso l’utilizzo dei certificati bianchi per la sostituzione o per l’acquisto di flotte sia nella pubblica amministrazione che presso le imprese. Dall’altra parte, invece, abbiamo la mobilità elettrica che sta soffrendo. Alla fine del 2022 erano poco più di 300.000 le auto elettriche (BEV e Plug-in) in circolazione in Italia, quando invece l’obiettivo intermedio era di 800.000. Ben venga questo PNIEC che si basa su criteri come neutralità tecnologica, sicurezza energetica, transizione ecologica ed equità sociale e che affida un ruolo importante ai biocarburanti e ai low carbon fuels per arrivare al 2030 con 12,7 Mtep di rinnovabili nei trasporti. Per incentivare questi prodotti bisogna mettere in campo molte misure tenuto conto che il nemico è la CO2 e non l’auto con motore a combustione interna. È inaccettabile il fatto che dopo il 2035 tali alimentazioni vengano bandite. Bene fa il nostro Governo ad insistere per avere un riconoscimento dei biocarburanti avanzati o dei recycled carbon fuels. Bisogna cercare di introdurre nella tassonomia i biocarburanti in modo tale che le imprese che vogliono investire possano beneficiare di linee di credito da parte delle banche.

Poi, a livello nazionale, bisogna sicuramente dare seguito alla previsione normativa che consente alle raffinerie che vogliono convertirsi in bioraffinerie di beneficiare di contributi. Va poi modificato il meccanismo dei certificati bianchi che oggi vengono riconosciuti per il rinnovo delle flotte che utilizzano auto elettriche piuttosto che idrogeno, gas naturale, GNL, estendendolo anche ai biocarburanti.

Servono nuovi strumenti, così come serviranno molte risorse per mettere a terra tutti quegli obiettivi che sono previsti nell’aggiornamento
del PNIEC.

Enrique Enrich

Presidente e AD di Scania Italia

Il settore automotive e il settore dei produttori di carburanti sono visti come i due stereotipi del lupo cattivo, perché considerati molto più responsabili di quello che sono effettivamente. La decarbonizzazione non è in discussione, nessuno ha un dubbio se serva o non serva farla. Il dubbio o la discussione è su come farla. La decisione della politica di puntare sull’elettrificazione non si può dire che sia sbagliata perché, se si guarda a lungo termine, è la soluzione più efficiente. Ma non sarà ovviamente l’unica. Quindi l’elettrificazione è dove saremo in futuro, ma non possiamo dimenticare dove siamo oggi ed è perciò importantissimo adottare politiche serie, strutturate per l’utilizzo di biocarburanti avanzati e magari e-fuels. Gli e-fuels concettualmente mi piacciono molto, anche se a volte sono un po’ criticati. Il problema di fondo è sempre l’energia, l’energia costa. L’idrogeno, ad esempio, è un vettore su cui lavoriamo da anni – abbiamo il parco di idrogeno di veicoli industriali più grandi dell’Europa – è ottimo perché ci si rifornisce velocemente, si ha autonomia, ma c’è bisogno di tanta energia per produrlo.

Se queste stesse energie le mettiamo in un pacco di batteria siamo tre volte più efficienti.

Elettrificare va bene ma senza l’imposizione di penali talmente alte da mettere in gioco il futuro del settore.

Servono regole chiare come nel caso del nuovo standard “euro 7”. Sappiamo tutti che arriverà nel 2027 e già siamo nel 2023 senza avere chiaro cosa accadrà.
L’elettrificazione è difficile ma la
tecnologia c’è.

Oggi c’è una forte pressione dal lato dell’offerta, ma non dal lato della domanda. Come industria abbiamo fatto un investimento ma mancano i volumi che lo ripaghino.

Nicola Procaccini

Eurodeputato, Copresidente Gruppo Conservatori e Riformisti europe

Il giudizio sull’operato della Commissione europea non può che essere negativo.
L’intento di questa Commissione europea che, onestamente, più che a guida von der Leyen definirei a guida Timmermans, da inizio mandato sembra essere stato quello di sradicare il comparto produttivo europeo in nome di una radicale transizione verde che non ha eguali nel mondo.

La pandemia prima e l’invasione russa dell’Ucraina poi hanno dimostrato che non si può invertire la rotta da un giorno all’altro, imponendo obiettivi di riduzione delle emissioni talmente alti da costringere le industrie europee a chiudere o a delocalizzare, compromettendo anche gli eventuali vantaggi in termini ambientali. Gli altri blocchi continentali si sono guardati bene dall’esporsi ulteriormente ai rischi eccessivi di una decarbonizzazione forzata in un periodo di estrema incertezza. L’approccio preso dall’Unione europea tramite il Green Deal non ha fatto
altro che sottolineare la fragilità
dell’Unione europea in termini di sicurezza energetica.

Al fanatismo ideologico noi opponiamo una transizione ordinata che guardi agli interessi produttivi europei in chiave strategica, perché migliorare l’impronta ambientale dei nostri comparti produttivi è un dovere, ma farlo in linea con le loro effettive capacità è altrettanto essenziale. L’azione europea è l’esempio più lampante della contraddizione legislativa che ha caratterizzato il mandato di questa Commissione.

La recente approvazione della proposta di regolamento sulle emissioni di veicoli leggeri ha portato a galla tutta l’ipocrisia dell’agenda verde di Timmermans. Puntare tutto ed esclusivamente sull’elettrico, senza considerare le numerose soluzioni alternative che il comparto automobilistico è stato in grado di sviluppare negli ultimi anni per rispondere giustamente a criteri ambientali sempre più stringenti, rischia di isolare l’Unione europea ancora di più, senza peraltro sortire alcun effetto dal punto di vista delle emissioni globali di CO2. Il vento sta cambiando e gli equilibri politici nella prossima Commissione credo che saranno diversi. La mia speranza è che da qui al 2035 le revisioni intermedie della proposta dimostrino la necessità di lasciare spazio non solo ai carburanti sintetici fortemente voluti e ottenuti dalla
Germania in modo ben poco trasparente tramite una clausola dell’ultimo minuto,
ma anche ai biocarburanti, una tecnologia efficace, ecologica, di cui l’Italia è uno dei principali produttori.

Paola De Micheli

Vicepresidente X Commissione Camera, PD

Siamo arrivati ad un punto nel quale nessuno mette più in discussione l’esigenza e la necessità di una vera transizione non solo teorica, ma anche pratica e concreta. Questo accade da parte di tutte le filiere produttive, di tutti i paesi europei, di tutti i posizionamenti politici, i partiti e i movimenti. Questo non era scontato solo 4-5 anni fa. Acquisito questo dato culturale da parte dell’Unione europea, l’errore è stato quello di privilegiare alcune tecnologie, mettendole in contrapposizione con altre. Una contrapposizione che ha determinato un enorme problema industriale nell’Europa e quindi anche in Italia. C’è poi un tema di assenza di realismo. Nel mondo oggi solo il 5% della mobilità è alimentata a energia elettrica. E una parte di questa energia elettrica, maggioritaria, non è a emissioni zero. Non c’è solo il trasporto leggero, abbiamo tutto il fronte del trasporto aereo e marittimo merci a cui dare una risposta. Strada facendo le cose cambieranno e riporteremo un po’ di realismo nel dibattito. Servono politiche che incidano anche sull’offerta e non solo sulla domanda per accompagnare la trasformazione industriale di tutto il settore. Contrariamente a quello che fa il PNRR attraverso i bandi; servono meccanismi automatici come quelli previsti da Industria 4.0 per sostenere le imprese sia sul fronte della ricerca e sviluppo che della transizione tecnologica evitando di mettere fuori gioco una serie di imprese di piccole e medie dimensioni.

Se vogliamo essere coerenti con l’apertura vera ad una neutralità tecnologica che competa anche in termini realizzativi e non solo di regolamenti e di direttive, ci vuole oggi una diversa consapevolezza dei piani ambientali e regionali che incidono soprattutto sui centri urbani dai centomila abitanti in su per consentire da una parte agli amministratori davvero di trasformare le loro città, che sono spesso luoghi talmente inquinati da essere invivibili, e dall’altra parte alle persone di avere più opzioni tecnologiche e anche quindi di spesa, perché la sostenibilità sociale della transizione non può essere solo teorica ma deve essere concreta, e questo vale soprattutto per la politica della mobilità urbana.

Su questi tre fronti noi faremo delle proposte e spero che il Governo sia conseguente rispetto anche alle dichiarazioni e soprattutto ai documenti che sono stati mandati all’Europa.